
Se il corpo è ciò che mi nasconde il mondo, esso è anche ciò che mi consegna agli altri.
Il corpo mi offre al loro sguardo, al loro riso, alla loro ammirazione.
Esso mi rivela agli altri e testimonia sottilmente della mia dipendenza nei loro confronti.
Il corpo è dunque non tanto una prigione che mi isola dal mondo, quanto una gabbia che presenta
agli altri, spettatori stupefatti, l’esemplare che lo abita”.
(P. Dumouchel, 2008)
Questo articolo nasce dall ‘evento organizzato il 25 maggio 2024 e svoltosi presso il Circolo Cittadino di Jesi, con il Patrocinio del Comune di Jesi a cura della Dott.ssa Cristina Bruni, della Dott.ssa Alessandra Vecci ( Psicologa e Psicoterapeuta) e la collaborazione delta Dott.ssa Aleandra Piccinini (Biologa Nutrizionista), della Dott.ssa Lorena Cesaretti (Fisioterapista ed Osteopata) e della pianista Marta Tacconi.
Spesso il corpo lamenta malesseri, che non sono immediatamente consapevoli e che non si possono o vogliono ascoltare.
Questo accade frequentemente nelle persone che presentano esperienze traumatiche e/o difficoltà a contattare le proprie emozioni: “Sento un malessere e non riesco a dargli un nome (per esempio provo ansia o depressione, ma sarebbe troppo doloroso stare con queste emozioni), e quindi il mio disagio emotivo si manifesta attraverso un malessere fisico tipo mal di testa, di pancia, svenimento ecc.”
In età evolutiva ed in adolescenza, il corpo, è un importante canale di comunicazione relazionale, spesso espressione di una sofferenza che non riesce ad avere mediazione tra il sentire ed il comportamento esternalizzante (agiti auto-aggressivi o etero-aggressivi) o internalizzante (ritiro sociale, isolamento).
In poche parole, avviene uno spostamento per cui il disagio emotivo viene spostato sul corpo, attraverso la presenza di un sintomo.
La difficoltà di contattarsi emotivamente può assumere diverse forme espressive che sono caratterizzate da vissuti ansiosi o depressivi, disturbi del comportamento alimentare, dipendenza, condotte auto-lesive sino a forme di alterazione della percezione corporea (dismorfofobia).
Il corpo è centrale nel lavoro terapeutico, perché dentro al corpo si iscrivono le nostre emozioni più profonde, si incarnano le ferite psicologiche precoci e si annidano le tensioni croniche e le somatizzazioni che spesso sono i sintomi visibili del disagio.
Ad esso si collega il concetto di immagine corporea .
La definizione più accreditata, e a tutt’ora in uso, è quella che risale a Paul Schilder del 1935: L’immagine corporea è l’immagine e l’apparenza del corpo umano che ci formiamo nella mente, e cioè il modo in cui il nostro corpo ci appare.
L’immagine corporea, ovvero la rappresentazione che abbiamo di noi stessi, è fortemente influenzata dai nostri stati interni, che portano alla formazione di una immagine legata a uno stato emotivo. Le emozioni rendono questa rappresentazione mentale positiva o negativa. La costruzione dell’immagine corporea e le sue eventuali alterazioni derivano da un insieme di aspetti neurobiologici, psicologici e socio-culturali.
Il corpo, qualunque forma esso abbia, è pertanto il vincolo primario che ci consente di agire e di essere al mondo.
Essere tramite un corpo che agisce in un ambiente, inteso sia come luogo fisico sia come contesto socio-affettivo e culturale è, dunque, la condizione necessaria e fondamentale che consente all’individuo di apprendere, di costruire conoscenza, di formarsi.
A tal proposito la Psicoterapia Bioenergetica, permette di sperimentare che le emozioni hanno dimora nel corpo e lì possono essere riconosciute, nominate, espresse, padroneggiate e non tradotte in meccanismi disfunzionali ( come ad esempio nella cura dei Disturbi del comportamento alimentare).
Le esperienze di ascolto e di contatto con il proprio Sé corporeo, emotivo e cognitivo sono fondamentali per accedere ad uno spazio più sicuro e più autentico del “sentire”, spazio che, difficilmente quel bambino ha potuto vivere senza minacce e costrizioni. Tra i vari tentativi di non dare voce al mondo emotivo, con questi disturbi, si scopre che, investendo e concentrando esclusivamente le proprie forze sul controllo del cibo e la gestione del proprio peso corporeo, si possono sedare i sentimenti più dolorosi fino ad arrivare al punto di anestetizzarli. Attraverso la Psicoterapia Bioenergetica a mediazione corporea si lavora oltre il sintomo che occupava lo spazio psichico e proteggeva da ogni sofferenza, si lavora sulle tensioni cronicizzate e corazzate sotto il dominio della volontà che, come afferma Lowen, psichiatra americano ideatore dell’Analisi Bioenergetica, è la completa negazione del piacere. La volontà è in antitesi con la consapevolezza e il piacere del corpo perché è uno stato costante di emergenza di fronte a quanto sembra costituire una possibilità di essere sopraffatti.
(a cura della Dott.ssa Cristina Bruni e Dott.ssa Alessandra Vecci).